Come stelo mi piego e ti raggiungo, angelo nel tuo inferno, demone di un perverso paradiso.

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Domerai la “tua” fierezza.

Ci sono punizioni che si mimetizzano, addirittura che possono piacere.

Preventivate e ricordate a tempo debito. 

Così è iniziato il mio pomeriggio.

Con questo memorandum davanti a due caffè e una nottata orribile sulle spalle, ma felice di non aver chiesto di rimandare.

Mi perdo in chiacchiere leggere, come al mio solito, mi piace trovare l’intimità anche nel dialogo, amo interessarmi di ciò che accade nella sua vita.

La richiesta di mostrare collare e guinzaglio sul tavolino del bar giunge come un pugno alla bocca dello stomaco che spezza il fiato e la mia logorrea. Non ho mai fatto mistero della mia timidezza, non ho mai nascosto che  il “pubblico” mi mette a disagio. Profondamente.

Inspiro ed espiro lentamente cercando di non cedere all’iperventilazione, tentenno e ne sono consapevole, continuo a respirare inondando d’ossigeno il cervello disperatamente alla ricerca del coraggio per togliere quanto richiestomi dalla borsa.

Impreco senza emettere suono piegandomi sulla borsa e poi  in un sol gesto poso quelle due strisce di pelle sul tavolo.

E’ un gesto che non compivo da tempo. Tanto tempo. Troppo?

Un rito che ha in sè un valore estremo, almeno per me.

Trovo difficile articolare una frase di senso compiuto. Continuo a guardarmi attorno. Il cuoio rigido, largo un dito, è nuovo. Me lo fa notare.

Non avrei mai  usato ciò che custodisco gelosamente nel cassetto della mia scrivania. Avrei rubato a tutti, compresa me stessa.

“Questa è la mia punizione? “- domando- “E’ solo l’inizio, mia cara, vedrai che ti piacerà,  ne sono certo” – risponde-

Come è possibile che mi piaccia una punizione? Conosco già la risposta ma voglio sapere cosa passa nella sua testa.

Mi spiega che ci sono due tipi di punizioni: qualcosa che si vuole ottenere indipendentemente se la persona che le subisce gradisca o meno e la seconda dove l’imposizione coincide anche con la piacevolezza. Era ciò che pensavo.

La mia punizione in questo caso rientra nella seconda opzione.

Da sempre combatto con il mio orgoglio, credo che sia il mio peggior nemico nel mio percorso da sottomessa.

E’ ciò che mi frena e al tempo stesso lancia la mia lingua in battute sarcastiche quando la tensione cresce troppo in fretta.

Sdrammatizzo ma non mi da tregua, affronta con caparbietà ogni mio attimo di insicurezza. Gliene sono grata.

Dannato orgoglio che mi fa mordere la lingua nell’attimo in cui mi sento umiliata, che ricaccia le lacrime quando il cuore diviene pesante.

Orgoglio spinto all’estremo per non sembrare debole.

Posso soccombervi, rovinando il momento, o posso affrontarlo.

So che non è solo merito mio, ma, in questa occasione l’ho sconfitto e ho abbracciato la fierezza.

Sottile ma lampante differenza.

Ho compreso, per qualche attimo, di possedere  la consapevolezza del mio ideale.  So chi sono e mi sono fedele. Il terreno incerto sul quale  sto camminando non va contro ai miei valori. Io sono fiera di chi sono e di ciò che compio. Ogni mattina posso guardarmi negli occhi e sorridermi. Sorrido anche ora. Colui che mi vede davvero vi ritrova uno sguardo limpido,anche nel momento in cui, per timidezza o per pudore, istintivamente esso si abbassa, procedo a  testa alta.

Indossalo. 

https://i0.wp.com/25.media.tumblr.com/tumblr_mbnc6lW5qg1qhuer1o1_1280.jpg


( Ho scoperto questo tumblr di un artista americano che mi ha colpito particolarmente http://lightworship.tumblr.com/)

Non verrei mai a meno di ciò che considero essenziale. Non mi snaturerei per accontentare con bugie o mezze verità colui che è la mia stella polare. Istintivamente e poi

consapevolmente annuisco alla richiesta imperativa.

Lo indosso con la stessa fierezza, sottolinea, che aveva Socrate davanti ai giudici.

E’ stato semplice? direi proprio di no,le mie mani tremolanti e i gesti confusi tradiscono le mie paure. Avrei preferito che me lo mettesse lui, ma la situazione di certo non lo consentiva.

Le persone attorno a noi non guardano e non si rendono conto che ciò che indosso è simbolo della mia resa. Non sanno e non curiosano. Io so quanto basta e la mia mente elabora il resto.

Trascorrono i minuti, in un tempo dilatato. Una bolla d’ovatta mi circonda quando la concentrazione si focalizza solo su questo tavolino e dai suoi occupanti. Abbandonata nelle sue mani e alla sua volontà.

Tutto ciò che ne consegue è un altalena emotiva, picchi d’intensità inauditi che colano fra le mie gambe come un fiume in piena. Sono i residui del mio orgoglio che scivolano soppiantati dalla mia fiera sottomissione.

Ha potuto vedere in me la donna deliziosa  che  serba  nella sua carne un languore mesto e struggente. Quella sottile striscia di pelle che adorna la  malizia lampante sul mio viso.Mi ha trafitta con un dardo caustico che scava dentro. Ad ogni frase che risuona nelle tempie come spillo mi ritrovo spogliata di ogni armatura. Senza pietà mostrata al mondo inconsapevole. Travolta dall’onda impietosa della tensione. Nutro con la mia carne il suo ego.

La punizione di oggi mi vede come  fiera domata a carezzare nuovi cieli. Abbandonata al giudizio del resto del mondo, solo in apparenza. Traboccante di lacrime nettarine.

Una bocca che supplica di essere riempita.

“Domerò la tua fierezza

ch’il mio trono aborre e sprezza,

e umiliata ti vedrò.

Tu qual Icaro ribelle

sormontar brami le stelle,

ma quell’ali io ti tarperò.”